Via D’Amelio, la verità nell’agenda rossa

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La soluzione è nell’agenda rossa di Paolo Borsellino, in quegli appunti presi dal giudice nelle settimane che precedettero la strage.
Così il pm Nino Di Matteo nell’audizione pubblica davanti alla prima commissione del Csm: “Oggi siamo a un passo della verita’ su Via D’Amelio, mai come ora tanto vicini”. In quel 19 luglio del 1992, morirono Paolo Borsellino e cinque agenti della sua scorta. Subito dopo l’agenda di Borsellino sparì: “Quel furto fu la prima azione di depistaggio e non può esser stato compiuto dai mafiosi che hanno sicuramente azionato il telecomando ma non potevano rubare l’agenda”.
Per anni Di Matteo si è occupato della trattativa Stato mafia. Sentito appunto sui depistaggi e sulle polemiche intorno all’inchiesta, parla del ruolo del falso pentito Vincenzo Scarantino: “È un falso dire che tutti i processi si siano basati sulle sue dichiarazioni”, spiega. “La strage di via D’Amelio è in Italia quella con il più alto numero di condannati” e “non è vero che in 25 anni non si sia mai fatto niente perché ci sono 26 condanne mai messe in discussione”. “Io e i miei familiari abbiamo pagato un prezzo altissimo per il mio impegno – aggiunge – e ora siamo vicini alla verità anche grazie al lavoro di altri magistrati. Non è giusto essere accostati strumentalmente all’ipotesi del depistaggio”.
Tornando sull’agenda personale del giudice, “la prima cosa da approfondire è il furto dell’agenda rossa sulla quale lui scriveva cose ‘molto gravi’, parole sue. Non c’è alcun dubbio che Paolo Borsellino tenesse un’agenda rossa regalatagli dai carabinieri del Ros, non c’è dubbio che l’avesse con sè il giorno della strage. Non c’è dubbio che in quei giorni avesse annotato con trepidazione e ansia una serie di circostanze che aveva scoperto ed è certo che in quel momento ci fosse una trattativa tra Ros e Riina intermediata da Vito Ciancimino”.