“‘La giustizia non ha scadenza’, è lo slogan con il quale il ministro Bonafede ha lanciato la sua epocale riforma della prescrizione. Ma è come dire che per non far inacidire la mozzarella, va eliminata la data di scadenza”.
Inizia così la lettera pubblicata da Il Tempo, dell’avvocato Giandomenico Ciazza, neo presidente dell’Unione Camere Penali. “La prescrizione esprime una semplice, civilissima, insostituibile regola – spiega – un cittadino non può rimanere ostaggio della Giustizia senza un limite di tempo. Egli ha diritto, se imputato, di conoscere il giudizio definitivo della giurisdizione sulla sua condotta entro un termine preciso e ragionevole; e lo stesso vale, per ragioni uguali e contrarie, per il cittadino che sia persona offesa del reato”.
“E poi, sa il Ministro Bonafede di cosa di cosa stiamo parlando? Il reato di corruzione si prescrive in 12 anni e mezzo entro la sentenza di primo grado, che diventano 14 e mezzo fino alla sentenza di appello, e 15 e mezzo fino al giudizio di Cassazione. Altrettanto per il peculato. La concussione in 15 anni entro il primo grado, 17 prima dell’ appello, 18 prima del giudizio di Cassazione. E l’ omicidio stradale pluriaggravato? 22, 24 e 25 anni. La rapina pluriaggravata? 19, 21 e 22 anni. Potrei continuare. La verità è molto semplice: chi sostiene questa riforma vuole affermare qualcosa di più e di peggio del processo infinito. L’idea, malsana e terrificante, è quella del processo come pena in sé. Siamo alla notte della ragione, allontaniamo questo incubo finché siamo ancora in tempo”.

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