Fresca fresca, depositata il 7 febbraio, la pietra tombale delle Sezioni Unite Civili contro un nutrito gruppo di avocat, in possesso del titolo professionale rilasciato in Romania dalla UNBR cosiddetta “struttura Bota” e in seguito cancellati dall’elenco degli avvocati stabilizzati dal Coa di Caltagirone.
Una decisione, questa, appellata davanti al Cnf, il quale però a sua volta aveva confermato la bontà della scelta dell’Ordine siciliano spiegando che gli Avocat in questione “erano stati iscritti sulla base di titolo conseguito in Romania ma rilasciato da associazione professionale diversa dall’U.N.B.R. Unione nazionale dei Barourilor, unica istituzione deputata a rilasciare il titolo di avvocato in Romania”.
Contro la sentenza del Cnf il ricorso in Cassazione degli avocat, con 17 motivi che la Suprema Corte ha cassato uno dopo l’altro nella sentenza 3706 del 2019. Il principio da seguire, si spiega, è che “il Consiglio dell’Ordine degli avvocati, qualora rilevi la mancanza di un requisito necessario per l’iscrizione all’albo, prima di deliberare la cancellazione dell’iscritto, oltre all’obbligo di invitarlo a presentare eventuali osservazioni, ha anche l’obbligo di procedere alla sua audizione ma solo a condizione che questi chieda di essere ascoltato”. Una richiesta questa non pervenuta da parte dei ricorrenti, alla quale gli Ermellini ricordano che “la procedura di cancellazione regolata dall’art. 17 non è una procedura disciplinare. Se lo fosse, la disciplina dei procedimenti disciplinari sarebbe applicabile in via diretta”. Per chi volesse leggere la sentenza, il testo si può trovare a questo link.

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