In carcere da tre mesi e mezzo per concorso morale in resistenza a pubblico ufficiale: mancano i braccialetti elettronici e quindi non può andare ai domiciliari.
Viene da Torino questa storia di ordinaria amministrazione di una giustizia purtroppo con la g minuscola, riguarda un ragazzo di 23 anni, Nicolò Mirandola, attivista di un centro sociale accusato di aver partecipato a una manifestazione contro un convegno di Casa Pound a febbraio.
“E’ inaccettabile la custodia in carcere di Nicolo’ Mirandola, detenuto da oltre cento giorni solo perché mancano i braccialetti elettronici e non viene mandato ai domiciliari come deciso dal gip lo scorso 11 giugno”, sottolinea in una nota l’Associazione Nazionale Giuristi Democratici: “Nel caso in questione, Mirandola, oltre a essere l’unico detenuto per quell’episodio, non ha alcuna contestazione di fatti specifici. In secondo luogo, è inaccettabile che l’ordinanza del Giudice che 22 giorni fa ha finalmente concesso gli arresti domiciliari, pur subordinandoli all’apposizione del braccialetto elettronico, non possa essere eseguita per la mancata disponibilità dello strumento, e ciò senza alcuna indicazione temporale dei tempi di reperimento del braccialetto. Dunque, la concessione degli arresti domiciliari è impedita di fatto dalla mancanza di uno strumento di controllo: come dire che è Telecom, cui è affidata l’applicazione del braccialetto, e non il Giudice, a decidere sullo stato di detenzione di Mirandola”. Nei giorni scorsi anche l’artista Zerocalcare aveva dedicato un fumetto a quanto sta accadendo a Mirandola, la cui madre da due giorni ha iniziato lo sciopero della fame.