L’uomo che sparò a un piccione e perse il porto d’armi dopo 45 anni

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Per capire bene in che meandri sopravvive e alla fine soffoca la giustizia italiana, vale una storiella piccolissima che arriva oggi dalla cronaca di Torino, pubblicata sulle pagine locali di Repubblica. La storia dell’uomo che sparò con un fucile ad aria compressa ad un piccione (mancandolo) e si vide togliere il porto d’armi.
Per carità, per evitare polemiche diamo subito per assodato che sparare ai piccioni tutto è tranne che un’attività nobile e che il nostro certo non ha dato bella prova di sè. Il punto che ci interessa come sito che si occupa di materie di giustizia è che la vicenda risale al 1974, ben 45 anni fa, quando il suddetto cacciatore era un giovanotto (giovinastro?) di 19 anni, il quale peraltro il porto d’armi in passato l’ha pure conseguito, per la precisione nel 1984.
Non esistevano all’epoca leggi contro il maltrattamento degli animali, per cui il protagonista i guai li passò solo perché aveva utilizzato una carabina ad aria compressa fuori norma, rimediando la condanna. La stessa che ora gli macchia la fedina penale per cui, dopo una serie di rinnovi, il porto d’armi non è più stato rinnovato dall’autorità amministrativa, la Questura. Abbastanza di che convicere lo sparatore a far ricorso al Tar, che prima ha respinto la richiesta di sospensiva e poi ha confermato il diniego. “La condanna per quanto remota e superata dal provvedimento ricognitivo dell’estinzione del reato – scrivono i giudici – non perde la sua rilevanza in senso assoluto”. E la domanda di riabilitazione ancora non è stata accolta.
Nelle more, il fascicolo del fu diciannovenne oggi ultrasessantenne continua a rimbalzare da un ufficio all’altro. Un po’ come la richiesta di spese processuali avanzata dall’ufficio del registro a Riccardo Pacifici della Comunità ebraica e al giornalista Valter Vecellio, “colpevoli” di aver vinto in tutti e tre i gradi di giudizio una causa contro il defunto criminale nazista Erich Priebke, che li querelò perdendo sempre ma risultò poi nullatenente. Con una giustizia così, inutile domandarsi come sia possibile il rinvio di un’udienza di due anni per l’anziana signora di 104 anni in causa contro le Poste e il Tesoro. Trattasi di normale amministrazione. Giudiziaria.