Cosa vuol dire equo compenso, lo si intende per sottrazione. Secondo la norma dovresti prendere 100, invece – siccome sono un grande committente e ho tante cause – ti do 10. Se va bene, bene, sennò…
Sennò la crisi è forte, il lavoro scarseggia, di persone costrette ad accettare condizioni economiche certo non eque se ne trovano. Lo chiamano beauty contest, di bellezza però ce n’è poca. Specialmente perché, al netto di banche e assicurazioni che si affidano a grandi studi, le prime a non applicare la norma sull’equo compenso sono le pubbliche amministrazioni.
La mappa dell’Iniquo compenso e cosa fare per difendere gli Avvocati. Ovvero, quando lo Stato non applica le sue leggi. Se ne parlerà il 20 maggio nella grande “Manifestazione dell’Avvocatura italiana per il diritto all’equo compenso”, che si terrà a partire dalle 11 nell’Aula Avvocati del Consiglio dell’Ordine presso la Corte di Cassazione. Un evento organizzato dall’Ordine degli Avvocati di Roma insieme all’Organismo Congressuale Forense.
“Professionalità altamente qualificate”, ricercate per “consulenza a titolo gratuito”. Il discusso bando pubblicato dal MEF nel marzo scorso è solo la punta di un iceberg che evidenzia a chiare lettere l’esistenza di un problema che si incrocia con la crisi economica: l’equo, o per meglio dire l’iniquo compenso per i professionisti, in particolare per gli avvocati.
Nella realtà dei fatti, si assiste a un vero e proprio scempio, che si nutre appunto di beauty contest – gare al ribasso per conferire il mandato – clausole vessatorie di varia natura e appunto l’offerta di consulenze a titolo gratuito, ripagate con il presunto prestigio dell’incarico.
Certo itema della crisi economica, dicevamo sopra, incide. Un dato su tutti: oltre la metà dei professionisti ha redditi inferiori ai 30 mila euro. Un contesto nel quale i grandi committenti, anche pubblici, praticano aste al ribasso per l’affidamento degli incarichi. Vince chi offre il prezzo più basso. A scapito della qualità.
Qualche esempio recente, oltre al bando del Mef, vede il regolamento per gli incarichi legali pubblicato dal comune di Pomezia, i cui importi prevedevano «i valori minimi di liquidazione previsti, per lo scaglione di riferimento dei parametri forensi, ridotti al 50»; l’analogo bando pubblicato dal Comune di Fiumicino, già impugnato dall’Ordine degli Avvocati di Roma; l’avviso pubblico, per fortuna già ritirato in autotutela, delComune di Lariano “per la formazione di un elenco degli avvocati di fiducia dell’ente utile a conferire loro incarichi di assistenza, consulenza e svolgimento del patrocinio in giudizio”. In positivo, di recente, la legge della Regione Lazio dell’aprile scorso che si impegna a garantire l’equo compenso ai professionisti.
In tutti questi casi l’Ordine forense della Capitale, il più grande d’Italia, si è fatto promotore di una battaglia senza quartiere che prevede l’impugnazione davanti al Tar di tutti i bandi ritenuti fuori legge.
“Il rispetto dell’equo compenso è forse un piccolo passo per l’Avvocato, ma un grande balzo per l’Avvocatura. Come Ordine degli Avvocati di Roma – spiega il presidente Antonino Galletti – ovunque abbiamo impugnato bandi di questo tipo, costringendo spesso le pubbliche amministrazioni a fare marcia indietro. Una lotta che vogliamo e dobbiamo continuare a combattere metro per metro, sensibilizzando l’opinione pubblica, perché l’equo compenso non è solo dignità professionale dell’avvocato, ma anche qualità della prestazione per il cliente”.
“L’intento è quello sottoporre all’attenzione delle Istituzioni il tema dell’equo compenso – spiega il vicepresidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma Mauro Mazzoni – una delle grandi questioni aperte per l’Avvocatura italiana: da esso discende quel rispetto della dignità e del decoro dell’Avvocato che diventa strumento fondamentale per garantirne la professionalità e l’indipendenza”.

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