Rifiutare per due volte il contratto a tempo determinato? Costa al figlio l’assegno di mantenimento mensile del genitore. Potrebbe sembrare una banalità, ma la sentenza della Cassazione che ha ribadito il principio contiene degli elementi di interesse.
La vicenda arriva da Gorizia, protagonista una ragazza di 22 anni che ha rinunciato due volte a un contratto, dapprima come segretaria nello studio legale del padre, quindi come cameriera. E la Suprema Corte ora ha respinto il suo reclamo per riavere l’assegno di 300 euro, nonostante la sua “giovane età” e il suo “percorso professionale ancora in itinere”. Per la Cassazione infatti “il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica della ragazza deve imputarsi esclusivamente a sua colpa, per aver ingiustificatamente rifiutato plurime offerte di lavoro, nonostante difettasse ogni prova di sue particolari inclinazioni o attitudini o di sue ben precise aspirazioni professionali che l’avessero determinata a compiere, ed a seguire con costanza, una diversa e coerente scelta progettuale alternativa”.
Inutile per la giovane iscriversi a un corso di grafologia prima e, poco dopo, a un corso biennale per ottici. “Deve escludersi che l’assegno di mantenimento persegua una funzione assistenziale incondizionata dei figli maggiorenni disoccupati, di contenuto e durata illimitata, dovendo il relativo obbligo di corresponsione – si legge nella sentenza – venire meno nel caso in cui il mancato raggiungimento dell’indipendenza economica si possa ricondurre alla mancanza di un impegno effettivo verso un progetto formativo rivolto all’acquisizione di competenze professionali o dipenda esclusivamente da fattori oggettivi contingenti o strutturali legati all’andamento dell’occupazione o del mercato del lavoro”. Nella stessa decisione i giudici hanno conservato invece il diritto del fratello diciottenne di ricevere l’assegno dal padre nonostante “lo scarso rendimento scolastico per il quale si era ritirato dal quarto anno per non essere bocciato, per le sue ripetute assenze, le note disciplinari, i suoi comportamenti inadeguati e ingiustificati”. Per gli ermellini “non si poteva tenere conto della condotta morale” del ragazzo, che peraltro è stato ammesso all’ultimo anno del liceo. Non e’ colpa sua se non e’ ancora indipendente dato che “è appena diventato maggiorenne” e “non c’è prova che il lavoro
offertogli dal padre e rifiutato sia conforme alle sue attitudini e aspirazioni”.