Indagati per 7 anni, agenti prosciolti dal gup. “Dal pm teorie peregrine da fake news”

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Sette agenti di polizia indagati e finiti sotto processo per sette anni, fino al completo proscioglimento davanti al gup. L’accusa, pesantissima, quella di sequestro di persona per aver trattenuto illegalmente secondo la procura di Trieste alcuni clandestini il tempo necessario ad espletare le pratiche per l’identificazione. Un tempo troppo lungo, secondo il pm, che però non aveva tenuto conto del fatto che le persone da identificare erano un centinaio.
Se ne occupa Alessandro Feroldi su La Verità. “Dopo 6 anni di indagini condotte alacremente dal pubblico ministero, il procedimento arriva finalmente in udienza preliminare con la richiesta di condanna a 20 anni di reclusione. E qui, il giudice dell’ udienza preliminare, letti gli atti, assolve tutti. Ma non solo, nelle motivazioni della sentenza demolisce impietosamente tutto il fantasmagorico impianto accusatorio”.
«Le accuse sono manifestamente infondate e destituite di alcun fondamento – scrive il gup – L’espulsione di un clandestino deve necessariamente avvenire con il trattenimento dell’interessato, e questa privazione della libertà personale non può assolutamente integrare il sequestro di persona, in caso contrario nessuna espulsione sarebbe praticabile. Si evidenzia da parte del pm l’attività frenetica di acquisizione di documenti, nonché l’impiego di risorse umane, logistiche e di tempo di proporzioni gigantesche, per sostenere una teoria peregrina e velleitaria. Equiparare il trattenimento di persone illegalmente presenti nel territorio con il sequestro di persona è surreale, è una tesi che, se fosse diffusa sul Web, sarebbe immediatamente classificata come una chiacchiera da bar, una bufala, una fake news».
“Ebbene, chi pagherà per tutto questo? Ovviamente nessuno! Anzi, i sette indagati in divisa possono ritenersi fortunati per aver incontrato un giudice non bravo (a quelle conclusioni sarebbe giunto chiunque dotato di media intelligenza), bensì coraggioso. Eh sì, perché, in assenza di una logica separazione di carriere tra magistratura inquirente e giudicante, quel giudice rischia di vedere, tra qualche anno, il pm comodamente allocato nel Consiglio superiore della magistratura, in grado di condizionare la sua carriera. Purtroppo storie di ordinaria follia giudiziaria come questa, capaci di tarpare le ali alle forze dell’ ordine, ce ne sono tante, troppe”.