Inchiesta Romeo, la Cassazione bacchetta il riesame (e la procura) di Napoli

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Le intercettazioni nei confronti di Alfredo Romeo nell’inchiesta sugli appalti dell’ospedale Cardarelli sono state disposte “a prescindere dalla sussistenza di elementi indiziari nei confronti del soggetto intercettato”, dunque sono inutilizzabili.
Non è propriamente l’inchiesta Consip – attualmente seguita per competenza territoriale dalla procura di Roma – ma è contigua, visto che riguarda l’imprenditore Romeo, agli arresti domiciliari per alcune vicende di presunta corruzione su cui indaga invece la procura di Napoli. La cassazione ora bacchetta il tribunale del Riesame del capoluogo partenopeo che con l’ordinanza del 4 dicembre 2017 confermò gli arresti. Un’ordinanza ora cassata con la sentenza 45486 che ha accolto il ricorso dei difensori di Romeo annullando con rinvio. Fra le obiezioni della difesa, l’utilizzo di un virus trojan “senza una reale notizia di reato perché Romeo non era interessato dalle indagini di criminalità organizzata che si stavano compiendo in relazione all’appalto del servizio di pulizia dell’ospedale Cardarelli”. “A fronte di eccezioni puntuali della difesa – scrivono ora i giudici – il controllo del Tribunale non risulta essere stato adeguato e la motivazione è fortemente carente”. E’ necessario dunque una rivalutazione “della effettiva consistenza della base indiziaria richiamata dalla pubblica accusa a sostegno della richiesta di autorizzazione” ad intercettare, e “sulla indispensabilità” di tale mezzo “in relazione alla specifica posizione di Romeo”, che non si sa se fu intercettato come indagato o come persona informata dei fatti. “Viziata” inoltre la motivazione anche in riferimento alla durata delle indagini preliminari.