La lavoratrice assente per malattia dopo le molestie sessuali da parte del datore di lavoro non può essere licenziata. Lo ha deciso la Cassazione sezione lavoro con la sentenza 10722/2019 respingendo il ricorso di una azienda di Roma, che aveva licenziato la dipendente per aver superato il cosiddetto periodo di comporto, il limite massimo dei giorni di malattia previsti dal contratto nazionale di lavoro.
Iniziate nel 2007, quando la donna era stata assunta come assistente personale del titolare dell’azienda, le molestie erano proseguite per sette mesi, finché la signora era finita al pronto
soccorso, per “crisi ipertensive” dovute a uno “stato ansioso”. Licenziata per essersi assentata per oltre 180 giorni, la donna ha quindi fatto causa, chiedendo al giudice che i giorni di malattia connessi alle molestie non fossero conteggiati. Tanto il tribunale di Roma, quanto la Corte d’Appello le hanno dato ragione, una decisione confermata ora dalla Cassazione.

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