Gli scanner e i metal detector, si sa, a volte possono risultare irritanti, creano file, rallentamenti, disagi. Poi però uno ricorda la tragedia del Tribunale di Milano, compiuta da Claudio Giardiello, e si rende conto che in effetti quando i metal detector non funzionano le cose possono finire molto male. Quando funzionano, come nel tribunale di Taranto, i risultati poi sono più che sorprendenti. I numeri sono stati diffusi dall’ordine degli avvocati della città pugliese, e parlano di oltre cento sequestri penali di armi vietate all’ingresso del tribunale.
Nell’armamentario c’è un po’ di tutto: coltelli a serramanico e stiletti, cesoie, forbici affilate, spranghe, cazzottiere, chiavi inglesi e tronchesi da giardiniere, un paio di pistole, un martelletto per misurare i riflessi.
Sotto lo scanner di sicurezza sono passate 280 mila borse e circa 2000 oggetti sono stati trattenuti all’ingresso. “Non sempre scatta la denuncia penale – si legge in una nota diffusa dall’Ordine degli Avvocati – Alcuni oggetti vengono restituiti all’uscita”. Ma non, ad esempio, il coltello da cucina sequestrato a una signora che ha spiegato di volerlo mostrare al giudice.
Il presidente dell’Ordine Vincenzo Di Maggio parla di “bilancio preoccupante che conferma, se ce ne fosse bisogno, che è stato saggio porre presidi di controllo all’ingresso del palazzo di Giustizia. Mi domando solamente quale numero di armi sia stato introdotto negli anni passati all’interno del tribunale e quali rischi abbiamo corso tutti: avvocati, magistrati e personale”.

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