Il fisco e la privacy: per le Entrate multa soft

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La privacy del contribuente è sacra, anche se – quando a violarla è un’amministrazione pubblica di un certo peso come l’Agenzia delle Entrate – la multa in realtà è piuttosto leggera: seimila euro.

Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza 15075 della Prima Sezione civile, confermando la decisione del Tribunale di Roma del 23 gennaio 2013, per aver violato la privacy ‘fiscale’ degli italiani mettendo on-line le dichiarazioni dei contribuenti per l’anno 2005. Il fine, si disse all’epoca, era quello di incrementare la lotta all’evasione promuovendo il reciproco ‘controllo’, per non dire la delazione dei vicini di casa
La Cassazione ha respinto il ricorso del Codacons che aveva chiesto un maxirisarcimento danni complessivo da venti miliardi di euro. La Suprema Corte ha invece escluso la ‘class action’ per violazione della riservatezza. Un colpo al cerchio, uno alla botte, la Corte ha respinto anche il reclamo dell’Agenzia delle Entrate secondo cui “consentire una conoscenza generale, da parte di chiunque, degli elenchi nominativi dei contribuenti e degli imprenditori e professionisti, serviva a promuovere il controllo più diffuso possibile”
“E’ evidente – si legge nella sentenza – come l’Agenzia delle Entrate sia andata ben al di là dei propri obblighi allorquando ha disposto l’ulteriore pubblicazione degli elenchi dei
contribuenti sul suo sito internet”. Una sorta di gogna fiscale “che oltre a non essere prevista” da alcuna norma, “era potenzialmente idonea a danneggiare i singoli ed ha ampiamente
oltrepassato i vincoli territoriali e temporali” prescritti dal dpr 600 del 1973 e 633 del 1972. “I dati sui redditi sono consultabili solo da chi ha un interesse qualificato”, ricorda la Corte.