Le note spese degli eurodeputati? Contengono dati sensibili, per cui è legittimo che il Parlamento europeo rifiuti di fornirli ai giornalisti. La decisione – che brilla per trasparenza – arriva dal Tribunale dell’Unione con la sentenza nelle cause da T-639/15 a T-666/15 e T-94/16.
Secondo i giudici “per «dati personali» s’intende qualsiasi informazione concernente una persona fisica identificata o identificabile. Orbene, tutti i documenti richiesti contengono informazioni riguardanti persone fisiche identificate (cioè gli eurodeputati), infatti, non si può negare a tali informazioni la qualificazione di dati personali solo perché sono collegate a dati pubblici riguardanti dette persone”.
Né vale l’obiezione secondo cui il Parlamento avrebbe potuto ben oscurare i nomi degli interessati. Così scrive la nota della Curia: “Quanto all’argomento secondo il quale il Parlamento avrebbe potuto oscurare i dati personali nei documenti richiesti e accordare così un accesso parziale a tali documenti, il Tribunale considera che la divulgazione di una versione dei documenti richiesti espunta di tutti i dati personali (tra cui i nomi degli eurodeputati) avrebbe privato l’accesso a tali documenti di qualsiasi utilità, dato che un accesso di tal sorta non avrebbe consentito ai richiedenti di fare un riscontro delle spese dei singoli membri del Parlamento, vista l’impossibilità di ricollegare i documenti richiesti alle persone coinvolte. In ogni caso, il Tribunale ritiene che l’oscuramento di tutti i dati personali contenuti nei documenti richiesti comportasse (il congiuntivo è in originale nel testo della sentenza, almeno nella sua traduzione in italiano, non un errore di Pianetagiustizia, ndr.) un onere amministrativo eccessivo, considerato il volume dei documenti richiesti (ossia oltre quattro milioni di documenti per l’insieme delle domande)”.
Come sempre comunque ci piace indicare il link al testo originale della decisione, così da consentire ai lettori di valutare autonomamente le sottili argomentazioni dei giudici europei.

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