La produzione della cannabis light è lecita, per cui lo è anche la sua vendita, non solo per usi alimentari o cosmetici. Lo ha deciso la Cassazione con la sentenza 4920 della Sesta penale, spiegando che la liceità della vendita è “un corollario logico-giuridico” della liceità della coltivazione, permessa e promossa dalla legge 242 del 2016.
La Corte ha annullato un sequestro preventivo a carico di un giovane di Civitanova Marche spiegando che, anche se la legge cita espressamente usi alimentari e cosmetici, il riferimento “non comporta che siano di per sé vietati altri usi non menzionati”, come il fumo. In precedenza la stessa Cassazione aveva dato un’interpretazione diversa nel caso di un sequestro a Forlì, ragione per la quale è facile immaginare che la questione finirà poi all’attenzione delle Sezioni Unite.
Nell’ultima decisione, la Cassazione spiega che la legge considera lo 0,6% la percentuale di THC al di sotto della quale la sostanza non è considerata “come produttiva di effetti stupefacenti giuridicamente rilevanti”. Una interpretazione più restrittiva, ad avviso dei giudici, “trascura che e’ nella natura dell’attività economica che i prodotti della filiera agroindustriale della canapa siano commercializzati” e che, in assenza di indicazioni precise, “non emergono particolari ragioni per assumere che il loro commercio al dettaglio debba incontrare limiti che non risultano posti al commercio all’ingrosso”.

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