Ci sono voluti 28 anni per avere giustizia, dopo essere stata ingiustamente esclusa da un concorso. Protagonista una professoressa romana che la sua discesa nel tunnel l’ha iniziata nel 1990 e solo l’altro giorno ha ottenuto dal ministero dell’istruzione 260 mila euro di risarcimento per i danni economici e morali subiti.
Lei è Maria Giuseppina Eboli, all’epoca ricercatrice presso l’Università La Sapienza di Roma, già candidata al concorso da 35 posti per professore associato del raggruppamento disciplinare “economico estimativo”.
Assistita dal Codacons, dopo l’esclusione la donna aveva presentato ricorso al Tar del Lazio, che subito aveva disposto l’annullamento dell’atto di nomina della Commissione in quanto illegittima. Una sentenza che tre distinti ricorsi in appello del Miur, tutti respinti dal Consiglio di Stato, non erano stati in grado di riformare. Inutilmente però, visto che la sentenza è rimasta inapplicata fino al 2008, con l’ennesimo ricorso al Tar del Lazio della professoressa. Nominata obtorto collo associata nel 2010, La Eboli ha però impiegato altri 8 anni per ottenere il risarcimento.
“Oggi il Ministero dell’Istruzione ha finalmente staccato un assegno da 257.684 euro per i danni economici e morali inferti alla professoressa – spiega Carlo Rienzi del Condacons – Rimane l’amarezza per il vergognoso comportamento del Miur, che ha costretto una ricercatrice ad attendere 28 anni per veder riconosciuti i propri diritti, un ritardo criminale che ha privato la
professionista della sua vita lavorativa”.
Una favoletta morale che impressiona profondamente questa perché, se è vero che alla fine l’esito è stato vittorioso, nel frattempo la carriera della vittima di tanta macchina burocratica è stata completamente distrutta. Mostrandoci, se ce ne fosse bisogno, che esiste qualcosa di peggio delle lungaggini giudiziarie: le lungaggini giudiziarie cui si sommano quelle di un moloch amministrato che nemmeno applica le sentenze. Quel “muro di comma”, felice definizione di Gramellini, capace di spegnere ogni speranza.